Perché è vitale votare No al referendum costituzionale

war-peace-2Sono ormai mesi che siamo immersi nella campagna per il referendum del 4 dicembre, come se null’altro avesse importanza per Renzi e i suoi galoppini. Del resto lo stesso premier ha ammesso di essere stato nominato a Palazzo Chigi da Napolitano per fare le riforme necessarie (sempre a Napolitano e ai suoi amici, non certo al Paese reale). E’ quindi evidente che la vittoria del No significherebbe fallimento su tutta la linea per un venditore di pentole messo lì solo per far passare ogni genere di schifezza (dalla Buona scuola al Jobs Act, dall’abolizione dell’art. 18 all’Italicum) senza che gli italiani se ne rendessero pienamente conto e senza che i girotondini-quando-le-porcate-le-fanno-gli-altri si levassero a denunciare quanto stava accadendo.

E in effetti l’ipnosi renziana è durata 2 anni buoni: dopodiché, con Banca Etruria e con Trivellopoli, passando per gli 80 euro dati e poi richiesti indietro, il popolo italiano ha iniziato a capire che le pentole vendute non sono poi così buone, e ha iniziato a renderne conto con le amministrative. Ora, per mandare a casa il premier e la classe dirigente più cafona, venduta e arrogante della storia repubblicana (e forse anche monarchica), occorre assolutamente votare No al prossimo referendum costituzionale. Per chi non sopporta Renzi a priori questo è già un ottimo motivo; per chi invece vuole le motivazioni tecniche, questo articolo dovrebbe essere più che sufficiente.


Lasciamo riformare la Costituzione a questa gente?

Il primo motivo per votare e far votare No riguarda CHI sta mettendo mani sulla Carta Costituzionale, che se non è la “più bella del mondo” (come l’ha definita chi poi l’ha rinnegata per le ben note convenienze) è certamente un capolavoro di equilibrio e bilanciamento dei poteri e delle diverse “anime” dell’Italia del dopoguerra: quella cattolica, quella socialista e quella liberale.

La riforma della Costituzione viene da un premier che non è passato da elezioni politiche, e che quindi gli italiani non hanno scelto personalmente. I renziani possono sbraitare quanto vogliono che in repubblica parlamentare il premier non si elegge, ma è dal 2005 che alle elezioni politiche è possibile votare non solo per una coalizione di partiti, ma anche (e soprattutto) per un leader della coalizione, col risultato che al presidente della Repubblica non resta che “ratificare” di fatto, al momento della nomina, la volontà popolare. Se quindi a livello strettamente tecnico-giuridico il premier non viene eletto dal popolo, nella prassi questa cosa accade ormai da anni, e non è possibile ignorarla. Quindi i renziani ci risparmino la lezioncina di diritto costituzionale e si rassegnino: il loro premier/ducetto non è stato scelto dagli italiani, ma messo lì da Napolitano per servire gli interessi dei poteri forti. Come Monti e come Letta prima di lui.

Seconda questione: quella del Parlamento illegittimo. La riforma della Costituzione viene da un Parlamento che, come sappiamo, è stato eletto con il Porcellum, legge dichiarata incostituzionale dalla Consulta. Era chiaro che, dopo la pronuncia della Corte, un Parlamento così debole e delegittimato avrebbe potuto e dovuto solo occuparsi di ordinaria amministrazione, come una nuova legge elettorale che recepisse i dettami della Consulta. Invece ha preferito occuparsi di una enormità (peraltro mai richiesta dagli italiani) come la più ampia riforma costituzionale della storia repubblicana, una cosa che non sta né in cielo né in terra. Questa decisione è stata presa solo per permettere a un partito, il Pd, di cercare di blindare il proprio potere in un momento in cui il rischio di “instabilità” costituito dall’avanzata del M5S diventava sempre più forte. Si tratta quindi di una riforma di parte, e non certo fatta per l’interesse del Paese nel suo complesso, come una vera riforma costituzionale dovrebbe essere.

Terza questione: ma si può passare dalla Costituzione di Pertini, De Gasperi e Calamandrei a quella di Verdini, Renzi e Boschi? Solamente vedere le persone che stanno mettendo mano alla Carta fondamentale, gente carica di arroganza, ignoranza e con diverse pendenze con la giustizia, dovrebbe far venire la pelle d’oca a qualsiasi italiano. La Costituzione è materia troppo importante per lasciarla nelle mani di questi soggetti.


Chi appoggia questa riforma?

JP-Morgan-RenziOltre a chi l’ha scritta e a COME è stata approvata, un altro motivo per votare No e rifiutare in blocco questa polpetta avvelenata è costituito dal fronte che sostiene la riforma. Raramente i cosiddetti poteri forti si sono espressi in modo così convinto e unanime a favore di un provvedimento legislativo. Parliamo delle superbanche d’affari JpMorgan Chase (ispiratrice della riforma già nel 2013, con la famosa indicazione ai Paesi del sud Europa di “liberarsi delle costituzioni antifasciste“), Goldman Sachs e Morgan Stanley, di Confindustria e Marchionne, del Fondo Monetario Internazionale, degli Usa (tramite l’ambasciatore Phillips), dei vertici dell’Ue, dell’agenzia di rating Fitch. Tutti si sono espressi a favore della riforma, paventando possibili “disastri” in caso di esito negativo. Lo stesso catastrofismo messo in campo prima del voto sulla Brexit, che invece non ha causato nulla di catastrofico, a parte una salutare svalutazione della sterlina che tornerà molto utile alla Gb per aumentare le esportazioni.

Il fatto stesso che personaggi che rappresentano i peggiori poteri finanziario-economici e politici si esprimano caldamente a favore della riforma dovrebbe fare capire come l’intenzione che c’è dietro sia quella di tutelare gli interessi “padronali”, rendendo stabili governi che prendano rapidamente e senza impicci i provvedimenti utili ai peggiori capitalisti oligarchici, europei e d’oltreoceano. Se anche l’Associazione Nazionale Partigiani all’unanimità e ben 11 presidenti emeriti della Corte Costituzionale si sono schierati in modo deciso contro la riforma, un motivo ci sarà.


Nel merito della riforma

A mio parere gli argomenti su riportati sono già sufficienti per votare un secco e poderoso NO il prossimo 4 dicembre, ma per chi evidentemente ha bisogno di motivazioni più tecniche, entriamo nello specifico.

– Leggi qui il testo della riforma, con a fronte la Costituzione vigente

Gli aspiranti fascistelli renziani si stanno sperticando a spiegarci che la riforma ridurrà i costi della politica, cancellerà gli sprechi, semplificherà l’ordinamento.
Si tratta perlopiù di slogan per fregare i polli oppure di caramelle avvelenate, che a fronte di qualche piccola concessione “cosmetica” fanno danni ben più grossi.

Tanto per iniziare, come ben sappiamo il Senato non viene abolito ma ridotto a 100 unità. Di questi, 95 senatori saranno nominati tra i sindaci e i consiglieri regionali (che saranno quindi scelti dalla stessa classe politica, e non eletti dai cittadini) e 5 nominati dal presidente della Repubblica. I nuovi senatori si divideranno quindi tra amministrazioni locali e Parlamento, facendo probabilmente un pessimo lavoro (se non altro, molto superficiale) su entrambi i fronti. Per non parlare della immunità che investirà i nuovi amministratori-neosenatori, che potranno così sfuggire ai numerosi processi che vedono coinvolti i consiglieri comunali e regionali d’Italia.

Così gli italiani, pensando di votare per una riduzione degli sprechi, finirebbero per votare per una riduzione della democrazia, togliendosi la possibilità di eleggere un ramo del Parlamento.

Accentramento dei poteri

La riforma prevede un poderoso accentramento dei poteri nella mani del governo. Mentre il Senato sarà controllato da chi ha la maggioranza nei consigli regionali e comunali (cioè adesso, chiaramente, il Pd) la Camera sarà controllata – se l’Italicum resterà la legge elettorale – dal partito di maggioranza, che riceverà il 54% dei seggi.
Con simili numeri il partito di governo potrà fare tutto ciò che vorrà, senza particolari ostacoli. La riforma inoltre riporta allo Stato centrale numerose competenze che prima erano delle regioni (art. 117), tra cui energia, infrastrutture e grandi opere, permettendo al governo di imporre decisioni agli enti locali senza la possibilità per questi di difendersi (avete presente l’ostilità delle regioni sulla questione trivelle? Ecco, con la riforma il governo potrà allegramente bypassarle, mentre ora hanno ancora diritto di opporsi allo Stato in un’ottica di codecisione).

Inoltre un Senato depotenziato permetterà al governo di agire molto più spedito con l’appoggio della sola Camera al suo servizio, che tra l’altro dovrà anche approvare celermente provvedimenti di legge “essenziali all’attuazione del programma di governo” (art. 72), e questo oltre all’abuso che negli ultimi anni si è fatto della decretazione d’urgenza.
Il ben misero contentino della riduzione dei costi della politica non è sufficiente, e come spiegano Zagrebelsky e co, se si volesse realmente risparmiare sarebbe sufficiente tagliare le spese militari (quali, ad esempio, l’acquisto degli inutili F35), che costano all’Erario ben più di qualche senatore.
Invece, restando sul tema delle spese militari, persino lo stato di guerra potrà essere deliberato più agevolmente, poiché sarà di competenza della sola Camera dei deputati, come detto espressione del partito di maggioranza (art. 78).
E la Camera sarà la sola, inoltre, a dare la fiducia al governo, mentre quella del Senato non sarà più necessaria, rendendo molto più difficile che un governo possa cadere per liti interne al Parlamento (art. 94). Questo aumenterà pure la “governabilità”, ma di fatto farà sì che il partito di maggioranza faccia i suoi comodi senza nessun tipo di ostacolo.

Aumentano le firme per le leggi di iniziativa popolare

Alla faccia della richiesta di democrazia diretta che arriva dall’elettorato, la riforma oltre ad abolire la possibilità di eleggere i senatori, aumenta le firme necessarie per le leggi di iniziativa popolare da 50mila a 150mila, triplicandole (art. 71). Il Partito Democratico inverte così, orwellianamente, il significato del proprio nome, diventando di fatto espressione della peggiore oligarchia antidemocratica. Un po’ come il Ministero della Pace di 1984 si occupava di guerra e il Ministero dell’Amore di tortura.

Diminuiscono i controlli al potere centrale

1984-quotes-hd-wallpaper-3Anche gli organi di garanzia, quali il presidente della Repubblica e la Corte costituzionale, risultano depotenziati rispetto all’esecutivo, e fortemente influenzati dal partito di maggioranza.

Il presidente della Repubblica verrà nominato dai due terzi del Parlamento fino al terzo scrutinio, dopodiché basteranno i 3/5 dell’assemblea e, dal settimo scrutinio, i 3/5 dei presenti (art. 83). Un escamotage per permettere alla maggioranza di superare un eventuale stallo e far passare il nome più gradito senza doversi accordare con le minoranze. Ricordiamo che con il 54% dei seggi alla Camera (in caso di vittoria alle politiche) e con il maggiore radicamento negli enti locali (e quindi in Senato), il Pd non avrebbe difficoltà ad eleggere il “suo” presidente.

La Corte costituzionale invece sarà nominata per un terzo dal Parlamento (sotto stretto controllo del partito di maggioranza e di governo), per un terzo dal presidente della Repubblica (sempre forte espressione del partito di governo) e solo per un terzo dalle magistrature superiori (art. 135). La possibilità di avere una Corte veramente imparziale saranno così molto ridotte.

Una semplificazione che non semplifica

Renzi e i suoi amano dare un’immagine di sé come di semplificatori di un sistema assurdo. Leggendo la riforma l’effetto è proprio il contrario, come si evince da uno dei cavalli di battaglia del fronte del No, l’art. 70. Le competenze del nuovo Senato sono elencate in modo così complesso che persino esimi costituzionalisti come Zagrebelsky hanno ammesso di non averle capite, e hanno minacciato di smettere di insegnare se dovesse passare questa riforma.

La balla della necessità di velocizzare il processo legislativo

Un’altra balla clamorosa che viene raccontata dalla propaganda renziana è che il Senato deve essere riformato e la Costituzione storpiata perché “il nostro Parlamento è troppo lento nel fare le leggi”. E’ un altro slogan vuoto, dal momento che il nostro Parlamento ha prodotto dal dopoguerra più leggi di Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito, come sottolinea Tony Barber sul Financial Times, e che con l’odiato bicameralismo perfetto il governo Renzi è riuscito comunque a far passare ogni porcata, dal Jobs Act allo Sblocca Italia, dalla Buona scuola all’abolizione dell’art. 18.
Cos’altro serve a Renzi e i suoi? Ah già: riformare il Senato in modo da non dover chiedere in quella sede l’appoggio di altre parti politiche (come il centrodestra) e poter completare la dittatura dell’uomo solo al comando.

In definitiva

La Costituzione attuale non ha nulla che non va, se non il fatto di non essere mai stata realmente attuata dalla classe politica e di essere “troppo antifascista”, come denunciato da JpMorgan, cioè di essere molto protettiva verso i diritti dei lavoratori e di porre una serie di limiti e freni al governo, proprio per evitare derive autoritarie quali quelle del ventennio. Ora le grandi banche e corporations, la Troika e gli Usa vogliono per l’Italia un ordinamento più facile da piegare alle necessità dell’oligarchia finanziaria e industriale, garantendo che i galoppini quali Renzi possano fare le riforme gradite ai padroni (sulla scia di quelle già fatte, come il Jobs Act e la voucherizzazione del mondo del lavoro) in modo rapido e senza incontrare particolari ostacoli.
Il succo della riforma è tutto lì.

Se gli italiani vogliono la riduzione del livello di democrazia nel loro Paese, mascherata da riduzione dei costi della politica, si accomodino pure. Se invece hanno finalmente smesso di credere alla favole e ai burattini dei grandi capitalisti, non hanno che da votare No il 4 dicembre.

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