Sul gretinismo, le trappole e le opportunità che offre

Gira un simpatico post su Facebook, che dice pressapoco così: “Volete cambiare il mondo? Sedetevi fuori dal Parlamento con un cartello. Dopo pochi giorni tutti i media parleranno di voi e sarete invitati all’Onu, al Parlamento europeo, a Davos, dai capi di Stato e di governo, dal papa, e vi proporranno per il Nobel. Funziona così. O no?”
Al di là dell’ironia, il post coglie perfettamente la spontaneità del “fenomeno Greta”, creato con abile operazione di marketing e diventato virale negli ultimi tempi.
Non si può non notare la concomitanza della mania “green” con le elezioni europee, in un momento in cui i partiti sovranisti e populisti sono dati in forte ascesa.

È evidente che una tale copertura mediatica viene concessa dai padroni del vapore solo per precisi interessi. E in questo momento, gli interessi in ballo sono quelli di un rilancio dei partiti di centro-sinistra, sempre più odiati dalla popolazione per le loro politiche europeiste, neoliberiste, immigrazioniste e in contrasto alla famiglia naturale. Sconfitti su tutti gli altri campi, a sinistra cercano un rilancio tramite le tematiche verdi, per poi continuare con le solite politiche di sempre (ius soli, immigrati come se piovesse, adozioni gay e utero in affitto, più Europa, più globalizzazione, austerità e macelleria sociale).

Per quanto riguarda il problema del riscaldamento globale, è tematica che deve essere discussa in consessi scientifici (dove ci sono opinioni discordanti, vedi il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia e lo scienziato Antonino Zichichi), e non può essere certo una ragazzina sedicenne semi-handicappata a dettare l’agenda ai capi di governo.
Fa ridere che gli stessi individui che affermano che ci vogliono laurea, Master e specializzazione all’estero per disquisire su qualsiasi cosa – dai vaccini all’Euro – adesso pendano dalle labbra di una sedicenne e abbiano un segretario di partito con la terza media.
E fa pensare la retorica dell’emergenza, che è da sempre lo strumento preferito dalle “élite” quando vogliono qualcosa in fretta: dal “Fate presto” che mandò a casa Berlusconi nel 2011 per far posto a Monti, alla Shock Economy neoliberista ampiamente denunciata da penne quali Naomi Klein: crea un problema, uno shock, poi offri una soluzione, la TUA soluzione.

Ma l’improvviso ringretinimento globale non viene del tutto per nuocere: se si cancella l’evidente manipolazione a fini elettorali, un recupero del senso ambientale è altamente auspicabile, ma in funziona anti-capitalista.
Il principale colpevole della disuguaglianza sociale, così come della distruzione del pianeta, è proprio il capitalismo neoliberista e sregolato: se da un forte movimento verde a livello globale dovesse scaturire la volontà di imporre a Stati e multinazionali leggi stringenti sulle emissioni nocive, sull’abolizione della plastica monouso, sull’utilizzo di materiali interamente ecosostenibili, e si irreggimentasse la bestia impazzita del mercato e dell’industria globale in nome di un bene pubblico superiore, questo sarebbe sicuramente un grande risultato. Purché sia un’occasione per creare una coscienza ecologica diffusa, e non l’ennesimo cavallo di Troia per invocare più Europa e più globalizzazione contro i “cattivi sovranisti e populisti”.
Il nuovo movimento ambientalista dovrebbe naturalmente chiedere anche più giustizia sociale, perché ha poco senso combattere per il bene del pianeta lasciando in piedi tutte le miserie e storture sociali create dal capitalismo sregolato.
Ecologia, giustizia sociale e autodeterminazione dei popoli, dunque, devono procedere di pari passo.

 

 

P.s. In questo articolo i legami tra lo staff di Greta Thunberg e la One Foundation di Bono Vox, finanziata da George Soros e Bill Gates. Dietro il “fenomeno Greta”, dunque, ci sono i soliti volponi di sempre.