E ora fate la coalizione sovranista

Mentre procede la devastazione del Paese ad opera del governo-Nightmare guidato da
Freddy Krueger Conte (l’ultima è stata venderci alla Troika col Recovery Fund,
maggiori dettagli in questo video dell’avvocato Marco Mori e in questo contributo dell’economista Valerio Malvezzi), e dopo la decisione della proroga dello stato d’emergenza (per cui è necessario continuare a fare pressione sulla presidenza della Repubblica perché non ci sia NESSUNA proroga), si è verificato anche qualcosa di buono nel nostro sciagurato Paese.
E precisamente la nascita di Italexit, il partito di Gianluigi Paragone.
Questa è sicuramente una buona notizia, alla luce delle posizioni sempre più europeiste professate da Lega e FdI (per tacer del M5S, che ha tradito tutto ciò che era umanamente tradibile), ma per il nuovo partito vale quanto si è detto in precedenza per Vox di Fusaro.

In primis, occorre che il nuovo partito sia disposto a “fare squadra”, ovvero rientrare
in una coalizione più ampia di tipo sovranista/patriottico, capace di aggregare numerose personalità di rilievo e così costituire un polo veramente competitivo nei confronti dei partiti tradizionali. Diversamente, si crea solo una squallida “battaglia per lo zero virgola” che non serve a nessuno, specialmente agli italiani.
La seconda condizione è che il partito abbia come unici referenti possibili per un’eventuale alleanza di governo i sovranisti ancora presenti in Lega e FdI.
E quindi, porte spalancate al dialogo con Borghi, Bagnai, Rinaldi e tutti quelli che
ancora hanno un minimo senso dell’interesse nazionale.
Porte chiuse a doppia mandata (rinforzando anche le finestre, per sicurezza) ai traditori bastardi del Pd e a quei M5S che professano le stesse idee (se qualcuno di loro si vuole ancora salvare, farebbe bene a mollare la barca che affonda subito, facendo crollare questo governo vergognoso).

Una volta chiarito questo, la creazione di una vera coalizione sovranista, che potrebbe
ricomprendere Paragone, Vox, FSI, R2020 di Cunial e Barillari, Noi di Amodeo e altri, sarebbe un gran bene per il Paese, costituendo una validissima alternativa ai due poli
e al moribondo M5S. Per rendere ancora più forte la connotazione nazionalista, e per
evitare la retorica del “voto utile”, questa coalizione potrebbe decidere di confluire fin
da subito nella coalizione di centro destra, dove costituirebbe l’ala più radicalmente
anti-europeista, anti-vaccinazista e nel contempo attenta agli aspetti sociali e ambientali.
In alternativa, potrebbe dare fin da subito la sua disponibilità ad una alleanza post-voto, rischiando però così di sottrarre voti preziosi a Salvini e Meloni a favore del centrosinistra + M5S. La prima opzione è, quindi, decisamente preferibile.

Come che sia, occorre mettersi immediatamente tutti al lavoro per l’unico obiettivo che abbia un senso perseguire nella politica italiana: la ricostituzione dell’equivalente del governo giallo-verde, una coalizione che metta assieme gli aspetti securitari, anti immigrazione, nazionalisti e di vicinanza ai valori tradizionali della destra, con le istanze anti-europeiste, sociali, anti-liberiste e anche ambientali dei sovranismo costituzionale.
Il tutto accompagnato dal ferreo rifiuto della dittatura sanitaria e vaccinale in corso e dalla lotta a qualsiasi ingerenza di natura sovranazionale sul processo democratico.
Quello che il governo giallo-verde, sebbene in maniera  imperfetta, stava cominciando.
E’ ora di perfezionare il progetto.

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Questo governo non rappresenta più nessuno. Il popolo scenda in piazza e Mattarella sciolga le Camere

Il voto in Emilia ha dimostrato che in Italia esistono ancora delle frange – veramente illuminate – di popolazione in grado di legittimare il governo abusivo del peggior partito d’Italia, d’Europa e forse del pianeta: Il Partito Democratico .
E’ commovente vedere come, dopo i bambini sottratti alle famiglie di Bibbiano e dintorni, dopo che le nostre città sono state riempite di clandestini che finiscono ad ingrassare mafie e coop e a fare (se va bene) gli schiavi nei campi di pomodori e (se va male) gli spacciatori o le prostitute, dopo la distruzione dei nostri diritti sociali e delle nostre imprese in ossequio alle folli regole di Bruxelles e Francoforte, e dopo il totale spregio della democrazia con cui il voto del 4 marzo 2018 è stato ribaltato riportandoci al potere un governo ultraeuropeista e ultraimmigrazionista, ci sia ancora qualcuno nel Paese disposto a votare per questi cialtroni anti-italiani, per giunta abboccando al richiamo di 4 fessacchiotti come le Sardine (movimento messo su dagli amici di Prodi e benedetto da Soros e dai Benetton) e assecondando le manovre di Grillo e dei 5 Stelle, che suicidandosi hanno fatto di tutto per fare vincere i Dem.

E’ evidente che a Bologna, Reggio Emilia, Modena e dintorni le clientele funzionano ancora, così come la suggestione idiota di sentirsi “partigiani” rifiutando un governo di destra, per poi dare campo libero all’ultrafascismo sovranazionale dell’Ue franco-tedesca, delle Ong sponsorizzate da Soros e della finanza internazionale.
Gli emiliani raccoglieranno presto quello che hanno seminato: tanto per iniziare tutto il marcio relativo al caso Bibbiano sarà prontamente insabbiato, come le collusioni tra Pd e magistratura, e i magnifici assistenti sociali locali torneranno a fare carne di porco delle famiglie emiliane. Continueranno le politiche di nazismo vaccinale, che hanno in paesi come Rimini il loro epicentro. E ci auguriamo che le suddette città si riempiano di immigrati spacciatori ad ogni angolo di strada, visto che li amano tanto.

Chiuso il capitolo Emilia-Romagna, passiamo alle conseguenze nazionali del voto. Ovviamente Conte e i suoi amiconi Dem sono corsi a parlare di “sconfitta di Salvini” (pochi giorni prima era “solo un voto regionale”, guarda un po’), blindando la legislatura fino al 2023. E’ un esito scontato ed infausto, ma se fossimo in una normale democrazia questo non avrebbe senso.
Il Pd dopo 9 elezioni regionali, tiene sono nel suo fortino di sinistrati irrecuperabili.
Nel resto del Paese in due anni ha sempre preso sonore batoste.
Il M5S è scomparso dalla faccia del pianeta: non controlla nessuna regione, alle ultime elezioni regionali ha preso meno del 10% e nei sondaggi non va oltre il 15%.
Di conseguenza il partito di maggioranza relativa nel Parlamento non rappresenta più minimamente il Paese come lo faceva due anni fa, e il Pd, che ha straperso le politiche del 2018 e tutte le elezioni fino a domenica scorsa, resta saldamente anche nei sondaggi solo il secondo partito del Paese, dopo la Lega.
Il centrodestra, oltre ad aver vinto tutte le elezioni degli ultimi due anni, vola nei sondaggi verso il 50%.
Lo scollamento tra Parlamento e Paese reale è quindi oramai troppo forte, e le Camere dovrebbero essere sciolte per condurre l’Italia a nuove elezioni, come previsto dai padri costituenti. Questo se avessimo un presidente della Repubblica veramente rispettoso di democrazia e Costituzione, e non un piddino servo della U€.

Poiché è assolutamente necessario far fuori questo governo per ripristinare un minimo di democrazia nel Paese, due sono le strade, percorribili allo stesso tempo:

  1. Manifestare nelle piazze con la maggiore frequenza possibile, come sta accadendo da mesi in Francia, per chiedere la fine di questo esecutivo illegittimo e nuove elezioni, che ci ridiano una maggioranza e un governo realmente rispettosi della sovranità popolare;
  2. Che alcuni “dissidenti” del M5S, nostalgici del governo gialloverde, abbandonino l’attuale maggioranza, facendo cadere il governo in Senato, passando dalla parte del centrodestra. Pensiamo in particolare a Gianluigi Paragone, cacciato per “eccesso di coerenza”, e ad altri come lui. Dovrebbero bastare una quindicina di senatori, che il centrodestra sarà ben felice di ricandidare in caso di elezioni anticipate.

Alla Lega in particolare conviene ribaltare immediatamente la situazione, specie in vista dell’accanimento giudiziario che si prospetta verso il suo leader: dopo il processo Gregoretti si avvicina anche un processo Open Arms, e il mostro pentapiddino sarà ben contento di scaraventarlo nelle grinfie dei giudici “Democratici”.
A questo proposito, invitiamo Salvini ad abbandonare la linea “moderata” assunta di recente: se continuerà ad appoggiare Draghi come prossimo presidente della Repubblica, a rifarsi alla Thatcher e al suo noto neoliberismo spinto, a dire di voler “cambiare l’Europa dall’interno” anche dopo la Brexit e ad affermare che “l’Euro è irreversibile”, durerà molto poco e, oltre ad essere perseguitato dai giudici, perderà anche il feeling con gli elettori che lo considerano un sovranista e campione della difesa della nazione.
A lui la scelta se vuole risorgere o crollare definitivamente.

Via i collaborazionisti di Ue e poteri sovranazionali dal governo

In un articolo precedente scrivevamo che nel cosiddetto Governo del Cambiamento ci sono tre corpi estranei: la Grillo, Moavero Milanesi e Tria.
Dopo il voto delle Europee, che ha sancito il trionfo assoluto della Lega e della sua linea dura verso l’Ue e verso l’immigrazione selvaggia, ci si attende che qualcosa cambi in fretta negli equilibri di governo. 

È evidente che i ministri troppo legati all’establishment devono cedere il posto a quelli più sovranisti, e qui ci riferiamo a Moavero e Tria.
Quest’ultimo si è macchiato proprio in questi giorni dell’ennesimo insulto alla volontà popolare, bocciando i minibot proposti dal Parlamento tramite una mozione, con gli stessi insulsi argomenti sollevati da Draghi (il quale ovviamente teme che questi possano usati come la fase iniziale di una eventuale uscita dall’Euro). 

Il fatto che Tria si riduca a fare da pappagallo della Bce e del Quirinale ne certifica l’inadeguatezza a rivestire un ruolo così importante nel governo “sovranista”, a maggior ragione dopo l’exploit della Lega alle ultime elezioni e il ridimensionamento dell’ormai “moderato” M5S.
Stesso ragionamento va fatto per il premier Conte, che da avvocato degli italiani e garante dell’attuazione del contratto, si è trasformato in un collaborazionista di Bruxelles e del Colle, incensando la Merkel ed esprimendo forti dubbi sui minibot, sebbene questi siano ben incardinati nel contratto di governo.
Se Tria e Conte non se la sentono di attuare il programma stabilito dalle forze di maggioranza, non hanno che da dimettersi.

Gli italiani vogliono la linea dura verso l’Ue, questo è ormai assodato, e la vergognosa procedura d’infrazione avviata da Bruxelles non farà altro che aumentare questo risentimento. Non resta, quindi, che prepararsi ad un’uscita intelligente da Euro e Ue, e dalle loro regole-capestro.
Per far questo bisogna rimuovere prima tutti i ministri collaborazionisti con i poteri sovranazionali: non solo i su citati Tria e Moavero, ma anche la Grillo (ormai una scendiletto di Big Pharma) e la Trenta, che si pone verso l’immigrazione di massa e verso l’interesse nazionale come un Fico o una Boldrini qualsiasi, di fatto sabotando la linea salviniana.

In un altro articolo suggerivamo il ricorso ad un referendum consultivo simile a quello sulla Brexit per far decidere agli italiani se restare o no nell’Euro e nell’Ue: se la situazione dovesse però peggiorare (come sembra), non resta che attuare il famoso piano B elaborato dagli autori di Scenari economici e uscire unilateralmente dalla moneta unica, per poi lasciare questa gabbia di matti chiamata Unione Europea.
Con il governo collaborano economisti più che validi: Borghi, Bagnai, Rinaldi, Zanni, oltre a giuristi come Barra Caracciolo. Gli strumenti intellettuali per tirarci fuori da questa palude ci sono tutti, il consenso degli italiani pure: quella che serve ora è la volontà politica di agire. 

Al governo conviene muoversi in modo chiaro in questa direzione: se si susseguiranno tentennamenti e ambiguità, l’impressione sarà che, oltre al “partito del Quirinale”, ci sia di mezzo la volontà della maggioranza di giocare al “poliziotto buono e poliziotto cattivo”, con Di Maio e Salvini che fanno i sovranisti mentre Conte e Tria bloccano tutto e ossequiano l’establishment.
Gli italiani sono stufi di essere presi in giro e i messaggi inviati durante le ultime elezioni sono stati inequivocabili: mandate al diavolo l’Ue e le sue regole assurde.
Diamo la giusta risposta alle loro letterine.

Organizzate il referendum sull’Italexit

Uno dei motivi per cui M5S e Lega hanno preso così tanti voti alle scorse politiche è stato sicuramente l’essere percepiti come ostili verso l’Ue e l’Euro.
Il M5S ha annunciato per anni di voler organizzare un referendum sulla moneta unica (consultivo, perché quello abrogativo non si può fare sui trattati internazionali), mentre la Lega ha a lungo portato avanti la campagna “Basta Euro”, pubblicato un libricino dal nome “Oltre l’Euro” dove venivano enunciate tutte le criticità della moneta unica, e messo in squadra pezzi da novanta dell’euroscetticismo quali Borghi e Bagnai.

Dopo tutto ciò, i partiti della maggioranza non possono tirarsi indietro sul tema della critica alla moneta unica, sebbene di recente Di Maio e Salvini abbiano più volte affermato di non avere più alcuna intenzione di metterla in discussione.
Gli italiani hanno votato per un governo sostanzialmente sovranista, e quella monetaria è probabilmente la più importante sovranità di uno Stato, così come essenziale è la possibilità di determinare le proprie politiche economiche senza dover chiedere il permesso agli squali di Bruxelles, eterodiretti da Germania, Francia e dalla Bce.

Per questo Di Maio e Salvini farebbero bene, se non vogliono dare una cocente delusione al proprio elettorato già provato dal grave voltafaccia sul tema vaccini (su cui sostanzialmente si è continuata la linea di Burioni e Lorenzin, e forse con ancora maggiore durezza), a organizzare un doppio referendum consultivo sull’uscita dell’Italia dall’Euro e dalla Ue.
Dopo tanti anni di permanenza nella moneta unica e una condizione economica disastrosa, e dopo i continui e insopportabili diktat cui l’Italia è sottoposta da esseri insignificanti quali Juncker o Moscovici, gli italiani hanno il diritto di esprimersi sulla loro volontà di rimanere in questa gabbia oppure no.
Si chiama democrazia, ed è proprio ciò che più odia il regime di Bruxelles e Francoforte.

Proxima estaciòn: Italexit

italexit-1Il netto trionfo del No al referendum del 4 dicembre è stato un grande segnale di risposta popolare e democratica al tentativo eversivo di tutti i poteri forti europei e americani (grandi banche d’affari, principali fondi di investimento, agenzie di rating, associazioni di industriali, top manager, governo Usa, vertici dell’Unione Europea e super-ricchi in genere, aiutati dai grandi media), che volevano per l’Italia una Carta Costituzionale meno solidaristica, meno protettiva verso i lavoratori e la gente comune, meno democratica e più prona verso il grande capitale e i suoi burattini governativi.

Rigettata questa orribile riforma, sventato il golpe, si chiude un capitolo e se ne apre un altro. La prima necessità è andare al voto il prima possibile e con una legge elettorale costituzionale per Camera e Senato. Quindi ben venga il giudizio della Consulta  sull’Italicum del 24 gennaio, dopodiché si ridia la parola ai cittadini. Niente scherzi.
Volendo velocizzare l’iter, si potrebbe semplicemente abrogare l’Italicum alla Camera: in questo modo si avrebbe automaticamente il Consultellum (Porcellum corretto dalla Consulta, praticamente proporzionale) sia alla Camera che al Senato. Ma per fare questo l’attuale Parlamento dovrebbe essere d’accordo e avere voglia di andare alle elezioni in tempi molto brevi.

Per quanto riguarda l’arco politico, in caso di legge elettorale sostanzialmente proporzionale (che sarebbe rispettosa dei dettami dei padri costituenti, con al limite un premio minimo allo schieramento vincente) è bene che si crei al più presto un’ampia coalizione con uno scopo ben preciso: riunire i partiti e movimenti sovranisti sotto una lista apertamente ostile all’Euro e all’Unione Europea, che garantisca l’ immediata uscita dell’Italia dall’Eurozona e minacci chiaramente l’uscita dall’Ue se tutto l’impianto normativo dei Trattati non viene modificato in senso soddisfacente, democratico e in tempi brevi.

Ovviamente questo Fronte di liberazione dall’Ue dovrebbe anche occuparsi della eliminazione del mortifero art. 81 (pareggio di bilancio) dalla nostra Costituzione, introdotto nel 2012 sotto i diktat europei e per il quale non fu possibile organizzare il referendum confermativo. E’ molto opportuno che il M5S aderisca a questo tipo di coalizione, abbandonando sia la sua tradizionale tendenza a correre da solo, sia la sua ambiguità sulle questioni europee.
Il referendum abrogativo dell’Euro infatti non si può fare ex art. 75 Cost.; il referendum consultivo sull’Euro è da inserire in Costituzione, ma questo avverrebbe con una procedura che prenderebbe anni e con esiti incerti; inoltre il M5S ha più volte espresso ostilità verso l’uscita dall’Ue.
Si potrebbe fare una legge costituzionale ad hoc per indire il referendum consultivo sull’uscita dall’Euro, come quella del 1989, ma in ogni caso i mercati e la Bce potrebbero massacrarci in attesa della sua organizzazione, e se l’esito fosse negativo non ci sarebbe più la possibilità di uscire dalla moneta unica. E questo è un provvedimento essenziale per fare ripartire l’economia italiana, da adottarsi per decreto.

Non affrontare di petto la questione Euro e la netta riforma/uscita dalla Ue condannerebbe l’Italia a un nuovo di susseguirsi di governi tecnici, politici servi dei poteri forti finanziari e internazionali, oppure governi con le mani legate perché “l’Europa non ce lo fa fare”. Quella fase è chiusa. Riprendiamoci tutte le sovranità.