Fratelli d’Ucraina

Dicesi sovranista (o anche patriota, che è uguale) colui che vuole che l’interesse della sua nazione, della sua Patria, venga prima di quello di altre nazioni, e ancor più, di altre istituzioni socio-economiche come le banche d’affari, i “filantropi” multimiliardari, le corporations transnazionali e di super-stati come, nel nostro caso, la Ue.
Il sovranista è dunque un individuo che vuole eleggere un Parlamento ed un governo che facciano solidamente l’interesse del proprio popolo, e che non siano eterodiretti da alcuna delle istituzioni su citate.
Questo naturalmente non significa andare ad aggredire la sovranità di altre nazioni, ma sicuramente tenere nel massimo conto la propria, come è normale che sia.

Quando gli italiani, lo scorso 25 settembre, hanno votato in massa Fratelli d’Italia, lo hanno fatto essenzialmente per due ragioni.
La prima, è l’aperta opposizione al tirannico governo Draghi e alla Dittatura Sanitaria, unica forza di un certo peso in Parlamento ad attuarla.
La seconda è quell’idea di patriottismo e sovranismo che il “brand” di Fratelli d’Italia ancora contiene, in un mare di forze politiche che fanno a gare per sdilinquirsi nei confronti dello straniero (Usa ed Ue germanocentrica in primis).
Il voto del 25 settembre è stato, dunque, un voto contro Draghi e le forze che lo hanno appoggiato, e un voto sovranista o patriottico.
Peccato che, come scritto nel post pre-elettorale, il vero voto anti-sistema fosse quello a favore dei partiti realmente sovranisti, come Italexit di Paragone o ISP di Rizzo e Toscano, colpevolmente divisi e così incapaci di superare lo sbarramento.
Un’altra ragione che ha frenato un voto massiccio a favore del fronte sovranista (quindi contro l’Ue, l’Euro, l’asservimento agli Usa e la Dittatura Sanitaria) è stata la sua dichiarata non aderenza ad una futura coalizione di governo.
In pratica, Italexit e simili hanno da subito escluso qualsiasi alleanza futura, facendo presagire un ingresso in Parlamento di sterile opposizione col 3-4%. Che è come dire, voti rubati al centrodestra e un grosso regalo al centrosinistra.

Per queste ragioni, il voto degli italiani, pur con tutte le perplessità del caso, è stato alla fine ben indirizzato. Ora però bisogna fare i conti con questi “sovranisti” al governo.
Il governo Meloni è partito abbastanza bene sul fronte sanitario, cancellando Green Pass e obblighi vaccinali, anche se restano alcune criticità come il Pass che viene ancora richiesto in alcune strutture contra legem. Ma rispetto a un anno fa si sta d’oro, anche se, va detto, questa è ormai la tendenza in tutto il mondo.
Lascia certamente a desiderare la questione delle multe per i 50enni non vaccinati, sospese fino al 30 giugno ma non ancora cancellate, e la commissione d’inchiesta sulla gestione pandemica, la cui presidenza è stata assegnata ad Italia Viva, e che dichiaratamente “non affronterà la questione dell’efficacia dei vaccini” con relativi effetti avversi.
Una commissione del genere sembra una inutile messinscena e poco più.

Ma ancor più lascia a desiderare (anzi, allarma espressamente) la gestione da parte dei sedicenti “Fratelli d’Italia” della questione ucraina. Invece di fare l’interesse nazionale e smarcarci, come auspicato da tutti, da un conflitto che si fa ogni giorno più pericoloso (specie con l’invio di carri armati da parte di Washington e Berlino, come da notizie di questi giorni) i nostri “patrioti” insistono testardamente a fare gli zerbini di Biden, inviando altre armi a Kiev e prolungando le sanzioni nei confronti della Russia.
Un atteggiamento irresponsabile, che ci trascina sempre più in una possibile Terza guerra mondiale, laddove la nostra Costituzione “ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali” e quindi ci imporrebbe di insistere sulla via diplomatica.
Più che Fratelli d”Italia, insomma, stanno diventando dei patetici Fratelli d’Ucraina, mentre il costo degli aumenti (utenze, carburanti, materie prime, generi di prima necessità) sulla carne viva della popolazione si fanno sempre più insostenibili.

Ma questo non è l’unico punto ad allarmare. Negli ultimi giorni è tornata di stretta attualità la ratifica della riforma del famigerato Mes (Meccanismo europeo di stabilità), il mortifero fondo salva-stati che dovrebbe essere ribattezzato fondo commissiona-stati.
Il governo non ha espresso la chiara volontà di negare la ratifica, ma si è detto possibilista, anche se ha ovviamente negato l’intenzione di utilizzarlo. Sul perché il Mes, come la sua riforma, siano strumenti pericolosissimi e da uccidere sul nascere, rimandiamo a questa intervista all’economista Lidia Undiemi.

Abbiamo bisogno di un governo che si smarchi sia dalle follie guerrafondaie della Nato, sia dai trattati capestro della Ue.
Né la prima né la seconda condizione sembrano al momento contemplate dall’attuale esecutivo.
Per far entrare un po’ di grano salis nella testa di deputati e ministri, sarebbe bene iniziare una serie di proteste di piazza sul modello francese contro il caro-vita, gli aumenti folli di bollette, carburanti e beni di prima necessità, il nostro inopportuno coinvolgimento nella guerra in Ucraina, la possibile ratifica del Mes.
Facciamo sentire che al governo vogliamo dei veri patrioti, non dei sovranisti di cartone.

Pubblicità

Il 25 settembre votate l’Antisistema

Si avvicinano le nuove elezioni politiche (a pensione puntualmente maturata dai parlamentari) e inevitabilmente la domanda è: chi votare?
L’astensionismo sarà con ogni probabilità il grande protagonista di questa tornata elettorale, dopo due anni orribili e i cosiddetti partiti “sovranisti” (M5S e Lega) che hanno tradito tutto quello che avevano promesso, spalleggiando Draghi Goldman Sachs, i diktat europei, la Dittatura Sanitaria e l’invio di armi in Ucraina con le sanzioni alla Russia, nel segno dell’atlantismo più servile e masochistico.
La disaffezione per la politica sarà altissima, ma ovviamente non risolverà nulla.
Anche se votasse il 10% della popolazione, sarebbe quello a decidere il nuovo Parlamento. L’unica soluzione è quindi votare i cosiddetti partiti antisistema.

Nell’ultimo post, abbiamo caldeggiato una unione del fronte sovranista e antisistema tale da creare una grande coalizione, in grado di raggruppare il dissenso e costituire una forte alternativa al Partito Unico della Nato, della Ue e della Dittatura Sanitaria.
Questa unione non si è realizzata a causa dei protagonismi tra le varie parti, portando alla nascita di 4 principali liste sovraniste, tra quelle che sono riuscite a raccogliere le firme in pieno Ferragosto.
Ovvero: Italexit con Paragone, Italia Sovrana e Popolare di Rizzo e Toscano, Vita di Polacco e Cunial, Alternativa per l’Italia di Adinolfi e Di Stefano.
E’ inutile ribadire che queste liste sostanzialmente arriveranno a farsi una sorta di guerra tra poveri e fratricida per superare lo sbarramento, portando avanti più o meno le medesime posizioni sui temi più importanti.
A questo punto, la soluzione migliore per evitare che nessuna di queste liste passi il 3%, sarebbe votare compatti per una sola di loro.
E questa lista, a nostro parere, dovrebbe essere Italexit di Paragone.
Il motivo è semplice: Paragone è il leader mediaticamente più forte di tutti, essendo abituato al confronto pubblico e a gestire i dibattiti televisivi, inoltre ha schierato una squadra di altissimo livello comprendente Giovanni Frajese, Giuseppe Barbaro, Andrea Stramezzi, Marco Mori, Giuseppe Sottile, Stefano Puzzer, Marione Improta, Francesco Amodeo, Nunzia Schilirò, Rosanna Ruscito.
Ovvero i migliori esponenti dell’opposizione all’europeismo, all’atlantismo e alla Dittatura Sanitaria.
Per non parlare del programma (qui sintetizzato in 20 pagine), che comprende punti importanti come: l’uscita da Euro e Ue; il No secco a Green Pass e obbligo vaccinale; una commissione d’inchiesta per la gestione della pandemia; il reintegro con risarcimento di tutti i lavoratori e professionisti sospesi o radiati perché non inoculati; il No secco alle sanzioni alla Russia e all’invio di armi in Ucraina; la lotta a globalismo e neoliberismo; la difesa del Made in Italy; lo stop all’immigrazione clandestina, e tanto altro.
Nessun dubbio, quindi, che Italexit vada sostenuto.
Ma c’è un grande PERO’.

Le recenti dichiarazione di Paragone, anche in tv dalla Annunziata, non lasciano spazio a dubbi: Italexit non si allea con nessuno. Questo significa che, in caso di ingresso in Parlamento, non supporterà né il centrodestra né il centrosinistra.
E’ una posizione che riteniamo molto pericolosa, e simile al 5 Stelle delle origini (partito gatekeeper che aveva come fine la continuità al governo del centrosinistra).
In breve, se dovesse vincere – come sembra – il centrodestra, e Italexit dovesse superare lo sbarramento, potrebbe togliere al cdx proprio i voti necessari per governare da solo, senza Pd e M5S.
Ma, venendo meno i voti del partito di Paragone, il centrodestra potrebbe essere nuovamente costretto a governare con uno dei partiti di centrosinistra, dando vita ad una grande coalizione simile a quella che ha governato finora con Draghi.
Nessuna novità sostanziale, quindi, rispatto a quanto abbiamo avuto negli ultimi
due anni.
Si potrà obiettare che Lega e Forza Italia hanno obbedito diligentemente a tutto quanto veniva imposto da Draghi, ma un governo interamente di centrodestra resta probabilmente un filino meglio di un governo in cui il Pd sia determinante.
Per cui, come al solito la priorità è rispedire il Pd all’opposizione e tenercelo.

In definitiva, la nostra soluzione per le prossime elezioni è quella di supportare Italexit di Paragone, ma successivamente il partito dovrebbe sostenere la coalizione di centrodestra per evitare un disastroso ritorno del Pd al governo (o anche del M5S, che è sostanzialmente sulle stesse posizioni).
Facendo questo, Italexit potrebbe diventare l’ago della bilancia del prossimo esecutivo, in grado di porre il veto su tutte le tematiche più importanti e anche farlo cadere se necessario.
Diversamente, il partito di Paragone rischia solo di sottrarre voti al centrodestra, costringendolo poi a cercare l’appoggio di qualche partito di centrosinistra e limitandosi ad una sterile opposizione da 3-4%. La stessa strategia del M5S delle origini, che poi non a caso ci regalò il governo Renzi pur di non accordarsi con Bersani.
Al leader del partito la decisione, e la responsabilità per il prossimo esecutivo.

E ora fate la coalizione sovranista – parte seconda

Subito dopo la discesa in campo di Paragone, con la nascita del partito Italexit, scrivemmo questo post in cui si invocava una unità tra tutte le formazioni sovraniste in vista dell’obiettivo comune di “riprenderci le chiavi di casa”, ovvero uscire da Ue ed Euro, e dare all’Italia un governo che facesse finalmente l’interesse nazionale.
Questa necessità va ribadita a maggior ragione oggi, quando si parla di possibili dimissioni di Draghi ad agosto, e in ogni caso a meno di un anno dalla “scadenza” naturale delle Camere.
Italexit, secondo i più recenti sondaggi, avrebbe superato la soglia di sbarramento, permettendo a Paragone e ai suoi di entrare in Parlamento. Se questo è già un ottimo risultato, occorre collocarlo in una prospettiva più ampia.
Se si riuscissero a coinvolgere in una coalizione sovranista anche le altre sigle con obiettivi comuni (e cioè Alternativa, Ancora Italia di Fusaro, Riconquistare l’Italia, Pro Italia di Brandi, SìAmo, il PC di Rizzo, più ottimi elementi come Francesca Donato) le possibilità di ottenere risultati importanti alle prossime elezioni aumenterebbero ulteriormente, evitando di disperdere il voto con esiti da zero virgola.
Questa coalizione sovranista, capeggiata da Italexit, dovrebbe ruotare attorno a tre punti fondamentali:

1) Uscita da Ue ed Euro, con recupero pieno della sovranità nazionale e monetaria;
2) Affermazione della totale libertà di scelta in ambito terapeutico, con eliminazione sia dell’obbligo vaccinale (non solo anti-Covid, ma anche di quello ex legge Lorenzin) sia del Green Pass, per evitare che venga ripresentato in qualsiasi momento. Quindi recupero della sovranità in primis sul PROPRIO CORPO;
3) Uscita dalla Nato, stop all’invio di armi in Ucraina, fine delle sanzioni alla Russia.
Gestire anche la crisi ucraina sotto la lente della nostra Costituzione (che all’art. 11 ripudia la guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali) e del preminente interesse nazionale.

Attorno a questo nucleo di base, occorrerà inserire altri elementi necessari alla nostra politica nazionale, ovvero: il recupero dello stato sociale contro neoliberismo e privatizzazioni (cancellazione quindi del pareggio di bilancio in Cost.); misure economiche keynesiane volte alla piena occupazione; lotta alle ingerenze di Stati, banche, corporations e “filantropi” esteri sulle nostre istituzioni; controllo dello Stato su settori strategici dell’economia nazionale; un ambientalismo ragionevole e non quello malthusiano dei nazisti di Davos; una gestione decisa dell’immigrazione che preveda un forte controllo sulle frontiere.

Naturalmente occorrerà abbandonare tutte le misure folli imposte in questi due anni, come tamponi e mascherine necessari ovunque, rendendo il loro uso FACOLTATIVO.
E occorrerà smarcarsi dalla logica di “economia bellica” che ci vorrebbero rifilare, con sacrifici inutili (tra bollette alle stelle e razionamenti vari) per una guerra che è solo interesse degli americani prolungare ad oltranza, mentre la diplomazia europea dovrebbe spingere per una rapida fine del conflitto, con concessioni reciproche tra Russia e Ucraina (sarebbero sufficienti il riconoscimento di Donbass e Crimea alla Russia, la neutralità ucraina nel senso di non ingresso nella Nato e nella Ue, e la denazificazione delle istituzioni ucraine, con la rimozione di tutti i personaggi legati all’estrema destra da ruoli di responsabilità).

Per attuare un programma del genere, occorre la formazione di un’ampia coalizione sovranista come su menzionata, e poiché raggiungere il 51% è impresa praticamente impossibile, occorre essere pronti ad allearsi con quegli altri partiti che hanno posizioni condivisibili.
Di quelli attualmente nell’arco parlamentare, vanno coinvolti certamente Fratelli d’Italia più alcuni pezzi di Lega e Movimento 5 Stelle.
Vanno completamente esclusi, invece, Pd e Forza Italia, per ovvi motivi.

La creazione di sinergie in Parlamento è necessaria anche per poter dare l’eventuale autorizzazione a procedere per i crimini ministeriali dallo scoppio della pandemia in poi: è di pochi giorni fa la notizia che mezzo governo Conte Bis è indagato dalla procura di Roma per reati che comprendono l’abuso d’ufficio, il procurato allarme, la diffusione di notizie false atte a turbare l’ordine pubblico, il sequestro di persona e la violenza privata. Per questo l’ideale sarebbe una nuova maggioranza che comprendesse la coalizione sovranista di cui sopra, più Fratelli d’Italia, che non ha partecipato agli ultimi due governi. Servirebbero però percentuali ben oltre il 20% per entrambe le formazioni. Più realistica sarebbe una maggioranza che comprendesse almeno anche la Lega, in grado così di dare l’autorizzazione nei confronti del Conte Bis. Rimarrebbero però quasi sicuramente impuniti i crimini compiuti durante il governo Draghi, cui la Lega ha partecipato.
Per questo è necessaria al più presto una maggioranza che si possa reggere anche solo sulla coalizione sovranista di cui si è detto, più Fratelli d’Italia.
E che questa sia pronta per le prossime elezioni politiche.

L’obbligo vaccinale è follia pura. Rifiutiamolo in massa (e pure il Green Pass)

Come ogni mese di luglio, arriva il caldo africano e qualcuno inizia a dare di matto.
Il leitmotiv di quest’anno, per tutti gli sciroccati di sinistra e destra, è “ci vuole l’obbligo vaccinale per tutti”.
Lo stanno invocando Burioni, Bassetti e Letta , il Cts lo sta raccomandando, Figliuolo lo sta “valutando“, e torme di invasati sono pronti con la lanterna in mano a urlare “crucifige!” al no-vax di turno.
Il tutto sulla scia di Macron, che da pochi giorni ha deciso di rendere obbligatorio il Green Pass per accedere a qualsiasi locale pubblico, inclusi bar e ristoranti, stadi, trasporti, cinema e musei. In pratica un obbligo vaccinale indiretto.

Peccato che il vaccino anti-Covid, quale che sia la marca (tra poco ce lo rifileranno pure agli Hard Discount) oltre a causare una valanga di effetti collaterali anche fatali (per avere una lista che renda l’idea di cosa stiamo parlando, consultare il sito “Esclusacorrelazione.it“), NON dà la minima garanzia di rendere immuni dal Covid, come dimostrato dai tanti casi di vaccinati poi risultati positivi, e dagli studi (ad esempio quello israeliano e quello britannico) che dimostrano come le c.d. “varianti” sfuggano in modo significativo alla vaccinazione.
Tutto da rifare, quindi.
Forse aveva ragione Montagnier quando diceva che in piena pandemia NON si dovrebbe vaccinare perché questo favorisce le mutazioni del virus. Ossia proprio le terribili varianti.

Ma cosa volete che gliene freghi a multinazionali del farmaco e governi: i primi possono continuare a produrre sempre nuovi vaccini per sempre nuove varianti (ora si sono fissati con l’alfabeto greco, poi passeranno all’ebraico e al fenicio, probabilmente), i secondi invece possono continuare a mantenere questo clima di tensione permanente e restrizione dei diritti individuali, almeno finché c’è qualche pollo che ci casca e continua a dargli retta.
Quindi, come sempre, sta ai cittadini mandare tutto questo circo in malora e pretendere di vivere NORMALMENTE, come del resto sta già succedendo in Gran Bretagna, nonostante l’impennata dei casi di contagio.

A proposito di restrizione dei diritti individuali: i nazifascisti contemporanei stanno procedendo spediti nel loro gioco di ruolo di emulazione del Ventennio: Facebook ha cancellato la pagina di Sara Cunial, YouTube ha sospeso per alcuni giorni il canale di Visione Tv (gestito da Francesco Toscano, poi riattivato), medici e infermieri contrari all’obbligo vaccinale rischiano il posto di lavoro e si sono appellati al Tar, le voci libere sono censurate in maniera sempre più pervasiva.
In ambito lavorativo, di recente sono state chiuse la Torteria “ribelle” di Chivasso, gestita da Rosanna Spatari, e il locale “Da Tito” di Firenze, gestito da Momi El Hawi, leader del movimento Io Apro. Al secondo la licenza è stata revocata ma poi il locale ha riaperto perché questa è stata intestata alla sorella; ciò non toglie il clima di pesante intimidazione verso tutti i “non allineati” in corso.

Che questi atti di squadrismo parafascista avvengano proprio in contemporanea all’invocazione sempre più frequente di un obbligo vaccinale “erga omnes” deve naturalmente essere visto solo come una curiosa coincidenza.
Così come deve essere considerata solo una semplice “svista” l’errata traduzione del regolamento Ue sul Green Pass, nella versione italiana del quale è scomparsa la parte in cui si impegnano gli Stati alla “non discriminazione verso coloro che SCELGONO di non vaccinarsi”.
Questa cosa di poter scegliere cosa inoculare nel proprio corpo è proprio mal vista dalle nostre parti.
Chissà, forse sarà dovuto a quel simpatico meeting del 2014 alla Casa Bianca tra la Lorenzin, Ranieri Guerra, il presidente dell’Aifa Pecorelli, Obama e numerosi capi di Stato e di governo, nel quale si decise che l’Italia avrebbe fatto, negli anni a venire, da “capofila per le strategie vaccinali” a livello mondiale. Leggi: Paese cavia.
Non saremo mai abbastanza riconoscenti alla Lorenzin e all’allora premier, Matteo Renzi, per questo onore.

Fatto sta che da allora l’Italia è bersagliata da una foga vaccinale senza precedenti: prima la legge Lorenzin con la ridicola scusa del morbillo e l’imposizione di 10 vaccini ai bambini in età scolare, poi l’imposizione dell’obbligo di vaccino anti-Covid per i sanitari, e adesso stanno salendo i cori per l’obbligo vaccinale esteso a tutti.
L’unica risposta a questi fenomeni è mandarli al diavolo, se necessario ricorrendo ad avvocati e tribunali, oltre che alle manifestazioni di piazza e a una sana Disobbedienza Civile.

Poi c’è il capitolo Green Pass.
Nonostante la furia vaccinale dei nazisti nostrani, la Commissione Ue ha chiarito ampiamente che la libertà di circolazione è un cardine dei principi comunitari, e che quindi non la si può limitare in caso di mancata vaccinazione. Stessa cosa viene affermata dal regolamento europeo approvato di recente da Europarlamento e Consiglio, per cui gli Stati non devono discriminare in alcun modo chi sceglie di non vaccinarsi.
Questo mette una pietra tombale sulle pretese di chicchessia di limitare i diritti dei non vaccinati.
Tuttavia, anche in Italia si sta cercando di imporre il Green Pass modello francese, ovvero un obbligo vaccinale indiretto. Il Pass verde sarebbe obbligatorio, nelle intenzioni del governo, in tutti i luoghi a rischio assembramento: trasporti a lunga percorrenza (navi, treni e aerei), stadi, palestre e centri sportivi, concerti e spettacoli, eventi, convegni, feste e banchetti. Questo significa che, chi non si vuole vaccinare, dovrebbe comunque fare il tampone a sue spese prima di entrare in qualsiasi luogo pubblico tra quelli previsti dalla legge, oppure dimostrare di essere già guarito dal Covid. Una soluzione improponibile e scomodissima per chi non abbia avuto la malattia e non si voglia vaccinare, quindi una discriminazione di fatto.
A questo punto, è di molto preferibile richiedere a chi non dovesse essere in possesso di Green Pass di utilizzare mascherina e distanziamento come si è fatto finora, invece di imporgli multe fino a 400 euro.

Per tutte queste misure (vaccini obbligatori o quasi, obbligo di tampone e certificati di avvenuta guarigione) ci auguriamo una fine immediata, così come auguriamo al Green Pass la stessa fine dell’app Immuni.
I dati sanitari sono dati sensibili e non debbono essere manipolati così alla leggera, come testimoniato dalle tante perplessità del Garante della privacy sul Pass verde italiano. E non è possibile subordinare le libertà costituzionali all’avvenuta vaccinazione o all’esibizione di un Pass sanitario.
Per cui l’unico principio deve essere: se hai sintomi riconducibili al Covid, devi stare a casa e non puoi viaggiare.
Se non hai sintomi, puoi andare dove ti pare, sebbene (ancora per qualche tempo) con le dovute precauzioni: mascherina e distanziamento. Può essere utile un certificato di buona salute rilasciato dal medico, ma questo controllo digitale e orwelliano collegato a Covid e vaccinazioni deve essere cancellato quanto prima.
Anche perché parte di un’agenda globale molto più vasta, come scritto nei post precedenti.

Dungeons and Draghi

Immagine di Feudalesimo e Libertà

In qualsiasi gioco di ruolo o racconto fantasy che si rispetti, il Drago è sempre uno degli avversari più ostici, nonché uno dei boss finali.
E poiché da oltre un anno siamo immersi in una specie di romanzo fantasy/horror distopico, dove praticamente nulla corrisponde più ai canoni della normalità, ecco arrivare a sostituire l’orribile Conte Bis nientemeno che il governo Draghi, già previsto da anni da intellettuali come Diego Fusaro e Cesare Sacchetti.

Fare peggio dell’avvocato della Merkel/Dittatorello delle Bananas non sarà semplice, ma confidiamo che l’uomo del Britannia, di Goldman Sachs, di Bilderberg e Trilaterale, della svendita del patrimonio pubblico, della lettera/testa di cavallo della Bce a Berlusconi nel 2011, della distruzione della Grecia e dei derivati creativi quando era direttore del Tesoro, ci metterà particolare impegno.
Già dal suo primo discorso in Senato è stato possibile capire l’andazzo del terzo governo della legislatura, il secondo completamente illegittimo, perché in nulla rispondente alla volontà popolare: Euro irreversibile, governo europeista e atlantista, cessioni di sovranità che dovrà essere “condivisa” con l’Ue, primato dell’ambientalismo tanto caro ai malthusiani, ecc.
E questo nonostante il voto del 2018 sia stato INEQUIVOCABILMENTE un voto anti Euro e Ue.

E’ chiaro che Draghi non sarà né il salvatore della patria né l’uomo della Provvidenza, quanto il sicario della Troika in Italia, un Mario Monti al cubo. Meno chiaro è l’appoggio al “vile affarista”, come ebbe a chiamarlo Cossiga, da parte di quei partiti che hanno fatto le loro fortune elettorali con il “basta Euro” e la lotta ai poteri forti.
M5S e Lega devono i loro voti proprio alle battaglie contro tutto ciò che Mario Draghi incarna.
Allora da dove deriva questo improvviso collaborazionismo?
Se per il M5S la risposta è semplice, attaccamento alla poltrona ed ennesimo tradimento dei loro elettori prima di finire nella pattumiera della storia, per la Lega la questione si fa più complessa.
E’ evidente che Salvini avrebbe preferito nuove elezioni. Ed è altrettanto evidente che Mattarella si sarebbe fatto scuoiare vivo piuttosto che concederle. Il rifiuto di entrare nel nuovo governo avrebbe significato una nuova maggioranza giallorossa, allargata a Forza Italia (maggioranza Ursula).
Da qui la decisione, piuttosto a sorpresa, di entrare nel nuovo esecutivo.

La mossa però potrebbe rivelarsi un trappolone fatale.
Se, stando nel governo, Salvini e i suoi riescono a bloccare almeno in parte l’immigrazione clandestina, mai cessata neanche in tempo di Covid; se riescono a permettere la riapertura dei locali e il rilancio del turismo (con il pieno recupero delle libertà personali, in primis quelle di lavoro e di movimento); se riescono ad impedire la svendita del Paese alla Ue dei trattati capestro e se riescono a ridurre il livello di follia sanitaria imperante sotto il Conte Bis bene, anzi benissimo: ma se la musica non dovesse cambiare (o dovesse addirittura peggiorare) rispetto all’esecutivo precedente, il nostro consiglio e di sfilarsi con una certa rapidità e prepararsi assieme alla Meloni a stravincere le elezioni del 2023.
Farsi logorare stando al governo, ma rendendosi complici di scelte scellerate e senza la possibilità di incidere sul serio, sarebbe la prospettiva peggiore e il modo della Ue di disinnescare definitivamente la “minaccia sovranista” italiana.
Salvini, Borghi e Bagnai valutino bene: la linea di demarcazione tra fini strateghi e traditori della patria potrebbe essere, in questo caso, più sfumata che mai.

E ora fate la coalizione sovranista

Mentre procede la devastazione del Paese ad opera del governo-Nightmare guidato da
Freddy Krueger Conte (l’ultima è stata venderci alla Troika col Recovery Fund,
maggiori dettagli in questo video dell’avvocato Marco Mori e in questo contributo dell’economista Valerio Malvezzi), e dopo la decisione della proroga dello stato d’emergenza (per cui è necessario continuare a fare pressione sulla presidenza della Repubblica perché non ci sia NESSUNA proroga), si è verificato anche qualcosa di buono nel nostro sciagurato Paese.
E precisamente la nascita di Italexit, il partito di Gianluigi Paragone.
Questa è sicuramente una buona notizia, alla luce delle posizioni sempre più europeiste professate da Lega e FdI (per tacer del M5S, che ha tradito tutto ciò che era umanamente tradibile), ma per il nuovo partito vale quanto si è detto in precedenza per Vox di Fusaro.

In primis, occorre che il nuovo partito sia disposto a “fare squadra”, ovvero rientrare
in una coalizione più ampia di tipo sovranista/patriottico, capace di aggregare numerose personalità di rilievo e così costituire un polo veramente competitivo nei confronti dei partiti tradizionali. Diversamente, si crea solo una squallida “battaglia per lo zero virgola” che non serve a nessuno, specialmente agli italiani.
La seconda condizione è che il partito abbia come unici referenti possibili per un’eventuale alleanza di governo i sovranisti ancora presenti in Lega e FdI.
E quindi, porte spalancate al dialogo con Borghi, Bagnai, Rinaldi e tutti quelli che
ancora hanno un minimo senso dell’interesse nazionale.
Porte chiuse a doppia mandata (rinforzando anche le finestre, per sicurezza) ai traditori bastardi del Pd e a quei M5S che professano le stesse idee (se qualcuno di loro si vuole ancora salvare, farebbe bene a mollare la barca che affonda subito, facendo crollare questo governo vergognoso).

Una volta chiarito questo, la creazione di una vera coalizione sovranista, che potrebbe
ricomprendere Paragone, Vox, FSI, R2020 di Cunial e Barillari, Noi di Amodeo e altri, sarebbe un gran bene per il Paese, costituendo una validissima alternativa ai due poli
e al moribondo M5S. Per rendere ancora più forte la connotazione nazionalista, e per
evitare la retorica del “voto utile”, questa coalizione potrebbe decidere di confluire fin
da subito nella coalizione di centro destra, dove costituirebbe l’ala più radicalmente
anti-europeista, anti-vaccinazista e nel contempo attenta agli aspetti sociali e ambientali.
In alternativa, potrebbe dare fin da subito la sua disponibilità ad una alleanza post-voto, rischiando però così di sottrarre voti preziosi a Salvini e Meloni a favore del centrosinistra + M5S. La prima opzione è, quindi, decisamente preferibile.

Come che sia, occorre mettersi immediatamente tutti al lavoro per l’unico obiettivo che abbia un senso perseguire nella politica italiana: la ricostituzione dell’equivalente del governo giallo-verde, una coalizione che metta assieme gli aspetti securitari, anti immigrazione, nazionalisti e di vicinanza ai valori tradizionali della destra, con le istanze anti-europeiste, sociali, anti-liberiste e anche ambientali dei sovranismo costituzionale.
Il tutto accompagnato dal ferreo rifiuto della dittatura sanitaria e vaccinale in corso e dalla lotta a qualsiasi ingerenza di natura sovranazionale sul processo democratico.
Quello che il governo giallo-verde, sebbene in maniera  imperfetta, stava cominciando.
E’ ora di perfezionare il progetto.

Via i collaborazionisti di Ue e poteri sovranazionali dal governo

In un articolo precedente scrivevamo che nel cosiddetto Governo del Cambiamento ci sono tre corpi estranei: la Grillo, Moavero Milanesi e Tria.
Dopo il voto delle Europee, che ha sancito il trionfo assoluto della Lega e della sua linea dura verso l’Ue e verso l’immigrazione selvaggia, ci si attende che qualcosa cambi in fretta negli equilibri di governo. 

È evidente che i ministri troppo legati all’establishment devono cedere il posto a quelli più sovranisti, e qui ci riferiamo a Moavero e Tria.
Quest’ultimo si è macchiato proprio in questi giorni dell’ennesimo insulto alla volontà popolare, bocciando i minibot proposti dal Parlamento tramite una mozione, con gli stessi insulsi argomenti sollevati da Draghi (il quale ovviamente teme che questi possano usati come la fase iniziale di una eventuale uscita dall’Euro). 

Il fatto che Tria si riduca a fare da pappagallo della Bce e del Quirinale ne certifica l’inadeguatezza a rivestire un ruolo così importante nel governo “sovranista”, a maggior ragione dopo l’exploit della Lega alle ultime elezioni e il ridimensionamento dell’ormai “moderato” M5S.
Stesso ragionamento va fatto per il premier Conte, che da avvocato degli italiani e garante dell’attuazione del contratto, si è trasformato in un collaborazionista di Bruxelles e del Colle, incensando la Merkel ed esprimendo forti dubbi sui minibot, sebbene questi siano ben incardinati nel contratto di governo.
Se Tria e Conte non se la sentono di attuare il programma stabilito dalle forze di maggioranza, non hanno che da dimettersi.

Gli italiani vogliono la linea dura verso l’Ue, questo è ormai assodato, e la vergognosa procedura d’infrazione avviata da Bruxelles non farà altro che aumentare questo risentimento. Non resta, quindi, che prepararsi ad un’uscita intelligente da Euro e Ue, e dalle loro regole-capestro.
Per far questo bisogna rimuovere prima tutti i ministri collaborazionisti con i poteri sovranazionali: non solo i su citati Tria e Moavero, ma anche la Grillo (ormai una scendiletto di Big Pharma) e la Trenta, che si pone verso l’immigrazione di massa e verso l’interesse nazionale come un Fico o una Boldrini qualsiasi, di fatto sabotando la linea salviniana.

In un altro articolo suggerivamo il ricorso ad un referendum consultivo simile a quello sulla Brexit per far decidere agli italiani se restare o no nell’Euro e nell’Ue: se la situazione dovesse però peggiorare (come sembra), non resta che attuare il famoso piano B elaborato dagli autori di Scenari economici e uscire unilateralmente dalla moneta unica, per poi lasciare questa gabbia di matti chiamata Unione Europea.
Con il governo collaborano economisti più che validi: Borghi, Bagnai, Rinaldi, Zanni, oltre a giuristi come Barra Caracciolo. Gli strumenti intellettuali per tirarci fuori da questa palude ci sono tutti, il consenso degli italiani pure: quella che serve ora è la volontà politica di agire. 

Al governo conviene muoversi in modo chiaro in questa direzione: se si susseguiranno tentennamenti e ambiguità, l’impressione sarà che, oltre al “partito del Quirinale”, ci sia di mezzo la volontà della maggioranza di giocare al “poliziotto buono e poliziotto cattivo”, con Di Maio e Salvini che fanno i sovranisti mentre Conte e Tria bloccano tutto e ossequiano l’establishment.
Gli italiani sono stufi di essere presi in giro e i messaggi inviati durante le ultime elezioni sono stati inequivocabili: mandate al diavolo l’Ue e le sue regole assurde.
Diamo la giusta risposta alle loro letterine.

Il M5S adesso o torna alle origini, o muore

Come auspicavamo nel post precedente, il M5S è stato duramente punito per la sua recente piddinizzazione. Sebbene commentatori di vario genere cerchino di attribuire la sconfitta dei 5 Stelle all’alleanza con la Lega, la realtà è che il M5S ha perso 6 milioni di voti per l’essersi rimangiato troppe promesse (vaccini, Euro, sforamento del 3%, abrogazione pareggio di bilancio e Fiscal compact, caso Ilva ecc.) e per l’essersi avvicinato troppo alle posizioni del Pd, difendendo l’Ue, il rigore nei conti pubblici, le politiche pro-Lgbt e mantenendo una linea troppo morbida (a volte in contrasto con Salvini) sull’immigrazione di massa.

Se adesso il M5S vuole riprendere i voti persi, non deve fare altro che mantenere quelle promesse su cui ha costruito il suo consenso: abrogazione della legge Lorenzin (se serve, cacciando il ministro Grillo), referendum consultivo su Euro e Ue, abrogazione di Fiscal compact e pareggio di bilancio, stop a Ceta e Ttip, sforamento dei vincoli Ue con politiche keynesiane di rilancio dell’economia, stop al business dell’immigrazione clandestina e alle grandi opere inutili.

E deve fare questo ignorando le sirene che lo vorrebbero alleato al Pd: è indicativo che al nuovo meeting del Bilderberg siano stati invitati Matteo Renzi, da sempre contrario all’alleanza del suo partito con i pentastellati,  e Stefano Feltri, vicedirettore del Fatto Quotidiano, un giornale che si è sempre distinto nel chiedere al M5S un’alleanza con i piddini. I poteri forti massonici ed euroatlantici vogliono la caduta di un governo scomodo come quello giallo verde, e useranno anche giornalisti vicini al M5S per premere in questa direzione, mentre cercheranno di “ammorbidire” le posizioni di Renzi.

A Di Maio e Salvini il compito di non farsi dividere e continuare assieme l’esperienza di governo, nonostante i disaccordi e le pressioni esterne.

 

Tria, Moavero e Giulia Grillo: tre corpi estranei nel “Governo del Cambiamento”

Quando si è faticosamente formato il governo M5S-Lega, nel giugno 2018, le aspettative degli italiani erano altissime: finalmente il Pd e le sue politiche venivano ricacciati in un angolo oscuro della nostra storia, e salivano al potere due forze che si definivano anti-sistema: il M5S, che faceva dell’onestà e della lotta alle “caste” la sua ragione sociale, e la Lega che si poneva in funzione anti-immigrazione (e quindi contro i fautori della “Open Society” – leggi immigrazione selvaggia – come Soros) e anti-Ue, ingaggiando pezzi da novanta quali Borghi e Bagnai in squadra.

A neanche un anno di distanza è forse troppo presto per dare giudizi tranchant, tenendo pure conto dei continui attacchi che la strana alleanza riceve ogni giorno, ma una cosa è certa: la “guerra all’Ue” promessa dai due partiti per anni non si è minimamente realizzata e alcuni elementi della compagine di governo sono in aperto contrasto con la mission “antisistema” che la maggioranza si era data. Certamente c’è stato lo zampino del Quirinale su alcune nomine (ricordiamo anche il veto su Sapelli premier), ma ciò non toglie che adesso i tempi siano maturi perché i “corpi estranei” nel governo vengano rimossi.

Il primo corpo estraneo è certamente il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Tutti ricordano come il nome scelto dai partiti di maggioranza per il dicastero fosse Paolo Savona, e di come su quel nome stesse per naufragare il governo giallo-verde con l’arrivo di Cottarelli.
Bene, adesso Tria ha dimostrato in più di un occasione di essere inadatto al suo ruolo: sia Salvini che i 5 Stelle mostrano una progressiva insofferenza (ultimo caso, il rimborso ai truffati dalle banche) verso un ministro che sembra più attento alla volontà dell’Ue e dei “mercati” (al punto da dire che, in caso di sue dimissioni, questi si rivolterebbero) che della sua compagine di governo.
Tria ha persino incassato il plauso del francese Moscovici (sì, quello che insultava gli italiani …), che lo ha definito “l’uomo giusto al posto giusto”, e questo certo non depone a suo favore. Ciliegina sulla torta: suo figlio è nel team della nave Mare Jonio, quella di Casarini e della Ong Mediterranea. Direi che ci sono tutti gli estremi perché la maggioranza ne pretenda le dimissioni.

Il secondo corpo estraneo è Moavero Milanesi. Membro dell’Aspen Institute (un’emanazione dei Rockefeller al pari di Bilderberg e Trilaterale), già ministro di Monti e Letta, filoeuropeista, filo-Nato, Moavero è un altro membro del “partito del Quirinale” e sembra tutto ciò contro cui 5 Stelle e Lega si sono sempre scagliati. Che ora rappresenti all’estero il “governo sovranista” è assolutamente ridicolo.

Il terzo elemento estraneo, ma non voluto da Mattarella, è invece la grillina doc Giulia Grillo.
L’attuale ministro della Salute si è scagliata con durezza contro il decreto Lorenzin alla sua presentazione, definendolo un “decreto folle”, e “fatto senza alcuna logica dalla testa ai piedi”. All’epoca la Grillo si diceva contraria all’obbligo vaccinale e favorevole alla raccomandazione, sparando sui social frasi ad effetto come “La libertà è un diritto che la Lorenzin non può togliere con 4 righe su un pezzo di carta”.
A pochi mesi di distanza, tutto dimenticato: ora la Grillo sembra più invasata di Burioni, vuole vaccinare pure gli adulti per i concorsi pubblici o l’Erasmus, e ripete le solite palle sulla terrificante minaccia del morbillo, nuova peste nera.
Ricordiamo un po’ di dati sul terribile pericolo morbillo: nel 2018 (in pieno regime Lorenzin) sono decedute 8 persone, di cui un solo bambino e 7 adulti (dati ISS). Nel 2017 ci sono stati 4 decessi, di cui 3 bambini. Nel 2016, 2015 e 2014 non si è verificato alcun decesso. Ricordiamo che la banalissima influenza stagionale, da ottobre 2018 a inizio febbraio 2019, ha causato ben 52 morti. Un olocausto, al confronto.
Tutta questa isteria contro il morbillo (che peraltro NON SI PUO’ ERADICARE, come ammesso dalla stessa Grillo), risulta quindi completamente fuori luogo, e non giustifica ovviamente l’imposizione vaccinale di tipo nazistoide per ben altre 9 patologie, alcune delle quali non trasmissibili, come il tetano.
Nel frattempo aumentano a dismisura i casi di autismo e le misteriose “morti in culla”, che gli stessi bugiardini e sentenze di tribunale attribuiscono ai vaccini, ma che evidentemente per la Glaxo sono insignificanti effetti collaterali sulla via del profitto.
La cosa più vergognosa è stata vedere bambini perfettamente sani cacciati a marzo dalle scuole perché non in regola con tutte le vaccinazioni obbligatorie, come se nelle poche settimane rimanenti di asilo questi rappresentino un pericolo mortale rispetto ai mesi precedenti.

Poi il M5S si interroga sul perché stia perdendo consensi ad ogni elezione: se i grillini vogliono un consiglio spassionato, caccino la Grillo, cancellino l’obbligo vaccinale come avevano promesso e tirino fuori gli attributi nei confronti dell’Unione Europea. Se si comportano come il Pd, faranno presto la stessa fine di Renzi e compagni.

La Banca d’Italia ritorni sotto il controllo politico

Ha fatto scalpore la recente lettera del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alle Camere in occasione dell’istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche.
Nella lettera si affermava il principio per cui, in sostanza, il potere bancario è indipendente e quindi non questionabile dalla politica. Bce e Banca d’Italia non possono prendere ordini dai governi nazionali, è questo il succo del discorso di Mattarella, e il Parlamento non deve intromettersi troppo negli affari degli istituti finanziari.

Tutto questo stride clamorosamente col dettato costituzionale, di cui Mattarella dovrebbe essere fedele interprete.
All’art. 47 della nostra Carta si legge, infatti: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”, affermando così in modo inequivocabile la supremazia di Parlamento e Governo, espressioni della volontà popolare, sugli istituti di credito, banca centrale inclusa.
Non solo: l’art. 41 recita “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
Cosicché oltre alla finanza, anche le altre attività economiche sono rigorosamente poste al di sotto del supremo principio dell’utilità sociale e, in generale, del bene pubblico.

È la politica che regola le istituzioni finanziarie, e queste non possono ritenersi indipendenti né dal controllo politico né da quello giudiziario, sebbene la prassi degli ultimi anni voglia convincerci del contrario.
La cosiddetta “indipendenza” delle banche centrali, è un concetto caro ai neoliberisti, e che sia un bene per la società sono solo loro a pensarlo.
Citando il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitiz, non vi è alcuna prova che una banca centrale indipendente faccia meglio l’interesse pubblico di una sotto il controllo politico.
Anzi, semmai è nel primo caso che la politica finisce per essere sottoposta ad un cartello di banchieri i cui interessi possono essere decisamente opachi.

In Italia, come sappiamo, il famoso “divorzio” tra Banca d’Italia e Tesoro avvenne nel 1981, quando l’allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta notificò con una lettera al governatore di Bankitalia, Azeglio Ciampi, che non avrebbe più dovuto acquistare buoni del Tesoro nazionali in caso di necessità, costringendo così lo Stato italiano a doversi rifornire dai cosiddetti “mercati”, ovvero altri finanziatori pubblici o privati.
Secondo illustri economisti come Nino Galloni, ex direttore del Ministero del Lavoro, è da quel momento che il debito pubblico italiano ha iniziato ad impennarsi, e questo non per la “politica sprecona”, come spesso si dice, bensì proprio per il divorzio Bankitalia-Tesoro.
Secondo Galloni, tutto ciò è stato il frutto di una precisa manovra franco-tedesca volta a deindustrializzare e desovranizzare l’Italia, eseguita con la complicità di numerosi traditori interni. Per far ripartire il Paese, secondo l’economista, si dovrebbe tornare ad una condizione pre-1981, con una moneta nazionale e ampia libertà di spesa pubblica.

È inevitabile che la rinascita, quindi, passi da un’uscita dall’Euro, per cui sarebbe auspicabile un referendum consultivo come invocato nel precedente articolo, e la ripresa degli strumenti di politica monetaria ed economica ad oggi ceduti in modo assolutamente controproducente alla Bce e alla Ue.
All’interno della gabbia europea, nella moneta unica e lasciando il controllo delle nostre finanze ad istituzioni escluse dal controllo politico, l’Italia non si riprenderà mai.
Occorre pertanto che la politica riprenda in mano quegli strumenti che servono a far ripartire il Paese, se necessario uscendo unilateralmente da Euro e Ue, e rimettendo la Banca d’Italia sotto il controllo governativo.

Che Mattarella poi neghi al Parlamento e al Governo il diritto-dovere non solo di investigare a fondo su eventuali illeciti in ambito bancario, ma anche di mettere il settore sotto controllo, è totalmente assurdo e incostituzionale.
Ricordiamo che il PdR è il garante della Costituzione: qualora si ponga in evidente difesa dell’Ue e di oscuri interessi bancari invece che dei cittadini italiani, sconfina pericolosamente nelle fattispecie di alto tradimento e attentato alla Costituzione, reati previsti dall’articolo 90 della nostra Carta. Il Parlamento valuti se sia necessario prendere provvedimenti.