Il Governo del Cambiamento si fa solo fuori da Euro, Ue, Nato e proteggendo i confini. Il resto è fuffa

In questi giorni tutta l’Italia ha guardato con grande interesse alla stesura del programma di governo tra M5S e Lega. Tra i due partiti il più infido e inaffidabile è chiaramente il M5S, che ha abituato gli osservatori alle giravolte più clamorose e vergognose in difesa di  Euro, Ue, Nato e nella ricerca di accordi col Pd e con l’Alde.
Salvini e i suoi hanno cercato di imbarcarsi in questa avventura, scongiurando la possibilità di un governo (tecnico) del Presidente, ma il rischio che tutte le loro istanze più importanti venissero sterilizzate dall’abbraccio col globalista M5S era decisamente presente.
Del resto, Di Maio è quello che un giorno sì e l’altro pure è corso a Washington, alla City di Londra e a pranzo con la Trilaterale per rassicurare tutti che il M5S sarebbe stato “affidabile”. Cioè, in sintesi, non avrebbe cambiato un bel tubo.

E adesso che possiamo leggere la bozza definitiva del “contratto alla tedesca” (come lo chiamano in neolingua i 5 Stelle per non chiamarlo accordo tra partiti), la sensazione che la spinta rivoluzionaria per l’establishment delle idee della Lega sia stata effettivamente annacquata è molto forte.
Il capitolo sull’Ue è parecchio vago, si parla solo di “rivedere, insieme ai partner europei, l’impianto della governance economica europea (politica monetaria comune, Patto di stabilità e di crescita, Fiscal Compact, Mes etc.)”, ma non si prevede una possibile uscita dall’Ue o dall’Euro nel caso (quasi sicuro) in cui le proprie rimostranze non vengano accolte. Sarà una strategia per non avere rogne da mercati e PdR?
Lo si può sperare solo essendo molto ottimisti.
Su Ttip e Ceta l’opposizione si è fatta più blanda rispetto alle bozze iniziali: no all'”eccessivo affievolimento della tutela dei diritti dei cittadini” e alla “lesione della corretta e sostenibile concorrenza sul piano interno”.
Non si parla di abrogazione del pareggio di bilancio in Cost. ma in maniera più sibillina dell'”adeguamento della regola del pareggio di bilancio”.
Dello sforamento del parametro del 3% deficit/Pil nessuna traccia, ma si indica un “appropriato e limitato ricorso al deficit” nel capitolo sul debito pubblico.
Ai minibot di Borghi, titoli di Stato da utilizzare per pagare i debiti della Pubblica Amministrazione, ci si riferisce nel capitolo fiscale quando si parla di “cartolarizzazione dei crediti fiscali, anche tramite titoli di stato di piccolo taglio”.
Non c’è la cancellazione del Jobs Act, né il ripristino dell’art. 18. In compenso si invoca il ritorno dei voucher.
Poi c’è la parte sui vaccini, dove si promette di “affrontare la tematica del giusto equilibrio tra diritto all’istruzione e diritto alla salute, tutelando i bambini in età prescolare e scolare che potrebbero essere a rischio di esclusione sociale”. Il che NON significa abrogare la legge Lorenzin e rimuovere le sanzioni pecuniarie, ma al limite permettere la frequenza di nidi e materne ai bimbi non vaccinati.
Bene invece la parte sulla politica estera, con una netta apertura alla Russia pur restando nella Nato, e il principio della prevalenza della Costituzione italiana sull’ordinamento comunitario nel capitolo riforme istituzionali, anche se “sempre nel rispetto dell’art. 11 della Costituzione” (il che significa che si potrebbe invocare la “pace e giustizia fra le Nazioni” per giustificare limitazioni di sovranità a sproposito).

In definitiva, pare proprio che i 5 Stelle, nati per sopire la protesta popolare di fronte alla spoliazione dell’Italia e per impedire l’ascesa di movimenti realmente nazionalisti e populisti, adesso stiano svolgendo la funzione di addomesticare i leghisti in cambio di qualche poltrona, ammorbidendo tutti i punti più indigesti alle élite globaliste che li hanno creati. L’idea che lo abbiano fatto solo per tranquillizzare i mercati e Mattarella potrebbe rivelarsi una pia illusione, anche alla luce delle frasi di Di Maio dopo le prime consultazioni.
Salvini, Borghi e compagni valutino attentamente se vale la pena continuare la collaborazione col M5S nell’ottica di cambiare realmente le cose come promesso in campagna elettorale, o se non convenga piuttosto tornare al voto al più presto per consegnare la vittoria a un esecutivo di Centrodestra puro, dato attualmente dai sondaggisti al 40%.
Un governo prono a Bruxelles e che esegua i programmi cari a Monti e alla Trilaterale, sinceramente, non ci serve e non è quello per cui gli italiani hanno votato il 4 marzo.

Una tranvata al Pd per difendere la democrazia: atto secondo

Voto armaQuesti ballottaggi sono una grande occasione per porre fine al renzismo.
Dopo il referendum sulle trivelle e prima di quello costituzionale, gli italiani hanno l’opportunità di far sentire forte e chiaro cosa pensano del governo e del Pd. E con lo strumento che più può far loro male: il voto.

Se il Pd subirà una debacle in tutte le città più importanti (soprattutto a Roma, Milano e  Torino) l’effetto che ne verrà fuori sarà quello di una bomba atomica su Renzi e i suoi fascistelli col Mac, con una ricaduta immensamente salutare per la democrazia di questo Paese.
Dopo che Napoli si è sanamente derenzizzata, ora lo stesso devono fare le altre città al ballottaggio. A Roma Giachetti ha il pieno sostegno dei Casamonica, come prevedibile. A Torino la Appendino è temuta dai migliori amici del Pd: i banchieri.
Quanto a Milano, Sala è l’uomo di fiducia di Renzi, e questo basta per far convergere il voto verso il candidato opposto, cioè Parisi. Per non parlare delle minacce degli ultimi giorni da parte della Boschi sui finanziamenti che non arriverebbero a Torino in caso di vittoria dei 5 Stelle.

Dopo il Jobs Act (passato senza proteste, per l’immane vergogna di tutti coloro che avrebbero dovuto proteggere i diritti dei lavoratori), l’Italicum (che con il suo premio di maggioranza del 54% per la lista vincente apre la strada a una vera dittatura della maggioranza) e con lo spettro della riforma costituzionale made in JpMorgan, anche chi di solito non vota dovrebbe recarsi alle urne, per votare CONTRO questi distruttori di democrazia.

Servono ulteriori motivazioni? Banca Etruria; Mafia capitale; Trivellopoli e il “quartierino” che controlla mezzo governo secondo le intercettazioni della Guidi; Napolitano che continua a dettare cosa fare agli italiani per conto dei grandi gruppi di potere; il ministro Calenda che difende a spada tratta il TTIP e il CETA, chiedendo all’Europa di esautorare il Parlamento italiano dalla ratifica; i verdiniani e cosentiniani a supporto del Pd; lo sterminato numero di indagati, imputati e condannati nelle file “dem”; la presenza dei poteri fortissimi tra gli influencer del governo (come la Commissione Trilaterale, la superbanca JpMorgan, le multinazionali del petrolio); i legami dei genitori di Renzi e Boschi con piduisti bancarottieri come Flavio Carboni; la riprivatizzazione dell’acqua nonostante il referendum del 2011; lo spettro di una svolta autoritaria in Italia gradita alla finanza internazionale (mascherata col termine “governabilità”); il totale asservimento ai dogmi sacri del neoliberismo, dell’Euro e dei trattati Ue; l’immensa arroganza cafona di Renzi e dei suoi sodali; le uscite della Boschi sui “partigiani veri” e quelli finti, e sui votanti No al referendum equiparati a Casapound; l’aver usato una maggioranza dichiarata illegittima dalla Consulta per cambiare la Carta fondamentale (operazione duramente criticata anche dai presidenti emeriti della Corte Costituzionale); l’occupazione militare della Rai e degli altri media, con relative epurazioni; gli 80 euro promessi e poi tolti ai poveracci, e si potrebbe andare avanti ancora a lungo.

Sono da considerare motivi sufficienti per votare contro questa gente? O serve che i piddini compiano stragi di primogeniti?

Gli italiani hanno un’ottima occasione per prendere a calci questa feccia in modo assolutamente democratico.
Ne facciano buon uso.

Una tranvata al Pd per difendere la democrazia

Voto armaQueste elezioni amministrative sono una grande occasione. Dopo il referendum sulle trivelle e prima di quello costituzionale, gli italiani hanno l’opportunità di far sentire forte e chiaro cosa pensano del governo e del Pd. E non tramite sondaggi che lasciano il tempo che trovano, ma con lo strumento che più può far loro male: il voto.

Se il Pd subirà una debacle in tutte le città più importanti (e sono tante: Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna…) l’effetto che ne verrà fuori sarà quello di uno schiaffone a Renzi e ai suoi fascistelli col Mac, con una ricaduta immensamente salutare per la democrazia di questo Paese.

Dopo il Jobs Act (passato senza proteste, per l’immane vergogna di tutti coloro che avrebbero dovuto proteggere i diritti dei lavoratori), l’Italicum (che con il suo premio di maggioranza del 54% per la lista vincente apre la strada a una vera dittatura della maggioranza) e con lo spettro della riforma costituzionale made in JpMorgan, anche chi di solito non vota dovrebbe recarsi alle urne, per votare CONTRO questi distruttori di democrazia. Fosse pure per mettere una X sul partito delle casalinghe.

Servono motivazioni? Banca Etruria, Trivellopoli e il “quartierino” che controlla mezzo governo secondo le intercettazioni della Guidi, Napolitano che continua a dettare cosa fare agli italiani per conto dei grandi gruppi di potere, Calenda che difende a spada tratta il TTIP, i verdiniani e cosentiniani a supporto del Pd, lo sterminato numero di indagati, imputati e condannati nelle file “dem”, la presenza dei poteri fortissimi tra gli influencer del governo (come la Commissione Trilaterale, la superbanca JpMorgan, le multinazionali del petrolio), i legami dei genitori di Renzi e Boschi con piduisti bancarottieri come Flavio Carboni, la riprivatizzazione dell’acqua nonostante il referendum del 2011, lo spettro di una svolta autoritaria in Italia gradita alla finanza internazionale (mascherata col termine “governabilità”), il totale asservimento ai dogmi sacri del neoliberismo, dell’Euro e dei trattati Ue, l’immensa arroganza cafona di Renzi e dei suoi sodali, le uscite della Boschi sui “partigiani veri” e quelli finti, e sui votanti No al referendum equiparati a Casapound, l’aver usato una maggioranza dichiarata illegittima dalla Consulta per cambiare la Carta fondamentale, l’occupazione militare della Rai e degli altri media, con relative epurazioni, e si potrebbe andare avanti ancora a lungo.

Sono da considerare motivi sufficienti per votare contro questa gente? O serve che i piddini compiano stragi di primogeniti?

Gli italiani hanno un’ottima occasione per prendere a calci questa feccia in modo assolutamente democratico.
Ne facciano buon uso.

La Francia brucia, l’Italia dorme

Francia vs ItaliaInizio a pensare che per svegliare gli italiani li si debba prendere a ceffoni uno per uno. Allora forse reagiscono. Non si spiega diversamente l’inedia di un popolo che sembra pronto a subire tutto e da tutti.
Sarà forse la millenaria influenza della Chiesa, col suo costante invito a stare zitti, buoni e non alzare mai la voce verso “l’autorità” (magari legittimata da Dio).
Per carità, qualche contestazione al duo sciagura Renzi & Boschi c’è stata, ma niente di serio in paragone alle porcate fatte. Nel frattempo va avanti la terrificante agenda di distruzione dei diritti – qui come altrove – per il piacere di superbanche, industriali, Troika. Come abbiamo detto, secondo un’agenda globale.

In Francia la protesta contro il Jobs Act locale, la Loi Travail, prosegue ormai da quasi tre mesi. Tre mesi di manifestazioni ininterrotte, con tutti i mezzi a disposizione.
Negli ultimi giorni i francesi sono arrivati a bloccare le raffinerie e le centrali nucleari, soprattutto grazie alla mobilitazione del sindacato Cgt. E la lotta continua, finché la contestata riforma del lavoro non sarà ritirata.

In Italia lo stesso Jobs Act e l’Italicum (una legge evidentemente antidemocratica, specie per il premio di maggioranza spropositato, contestata persino da parlamentari del Pd come Bersani) hanno prodotto si e no un belato. Le sparute proteste sono state lasciate ai cosiddetti “antagonisti” dei centri sociali (manganellati sistematicamente dalla democratica polizia renziana), a studenti e a qualche intellettuale.

Intendiamoci: dopo il progetto di riforme autoritarie, il Jobs Act, e i casi del Salva Banche e Trivellopoli, l’Italia ora dovrebbe trovarsi in uno stato di guerra civile permanente, per costringere un premier non eletto, un governo indegno  e un Parlamento illegittimo a ritirare i provvedimenti liberticidi e andare a casa.
Invece niente, si aspettano gli europei e magari si spera che ad ottobre vinca il No, per liberarsi di questa manica di traditori e venduti. Come se nel frattempo non possano fare valanghe di altri disastri.

A sottolineare la natura “padronale” delle riforme, ci hanno pensato l’Unione Europea, che tramite il commissario agli affari economici, Pierre Moscovici, ha definito la riforma francese come “indispensabile” (tanto per ribadire da che parte sta), e la Confindustria italiana che, con il Fmi, ha applaudito a quelle renziane (già commissionate dalla JpMorgan e dalla Bce, con la famosa lettera del 2011).
Insomma: banchieri, industriali e Troika appassionatamente e massonicamente uniti nella distruzione dei diritti dei lavoratori (e di quelli dei comuni cittadini) nel nome dei propri profitti e della propria insaziabile sete di potere. E su tutto questo processo aleggia l’ombra del TTIP, il trattato commerciale Usa-Europa visto da molti commentatori come un pericolo per la salute e la democrazia, e come sempre sponsorizzato dalle grandi corporations.

I francesi hanno ragione a dire che “non vogliono farsi fregare come gli italiani“. I nostri cari concittadini, finora, si sono fatti turlupinare come allocchi, anche grazie ad una stampa asservita in modo stomachevole e a dei sindacati sonnecchianti.
Lo faranno anche a ottobre? Nel frattempo, qualche segnale di vita sarebbe gradito.